Le cose che cadono – Part 1: “Mesieri”

The so called Kalendae

Vienna, 03.11.2013

Ore dieci in punto

Le circostanze mutano. Le stanze pure.

Quella nella quale mi rifugio attualmente si trova a Vienna, ed è talmente piccola che a guardarla da fuori non sembrerebbe mai poter essere in grado di contenere una persona; figuriamoci un uomo con tutti e trenta i suoi anni.

Col mutare delle stanze che ti circondano, sorgono anche nuove necessità espressive; già, perché esprimendosi si dovrebbe cercare di far chiarezza attorno alla nuova situazione anziché limitarsi a trovare nella nuova situazione gli stessi attributi e le stesse fattezze che caratterizzavano la situazione precedente. Le precedenti modalità espressive non possono quindi restare totalmente valide e riutilizzate integralmente per descrivere la stanza che cambia; e per descrivere, con essa, la stanza della stanza (che chiamiamo mondo), e la stanza della stanza della stanza (che chiamiamo universo, e la stanza della stanza della stanza (che non chiamiamo proprio – e che probabilmente non cambia poi tanto spesso quanto la “mia” stanza).

È facile notare le differenze fra due stanze appena cambiate; meno facile, ma comunque accessibile a chiunque voglia osservare, afferrare i mutamenti che avvengono nella stanza della stanza. Impossibile percepire (e forse concepire) un mutamento della stanza della stanza della stanza. Alcuni Hanno, per questo motivo, scambiato la nostra impossibilitá di percepire/concepire quest’ultimo tipo di mutamento con la necessitá che questo mutamento non possa avere luogo.

Ma i mutamenti di stanza della stanza avvengono sotto gli occhi di tutti. E tutti dovrebbero adeguarsi. Ad esempio, la percezione e l’utilizzo delle unità di misura temporali sono  cambiate, e questo ha indotto o sta generando nuovi bisogni, e quindi nuove esigenze espressive, alle quali, tuttavia, ancora mancano le corrispettive, aggiornate modalità espressive.

Ieri, ad esempio, cercavo nella mia mente una parola per dire in modo corrispondente al mio pensiero qualcosa come: “sono arrivato a Vienna il mese scorso”; manca una parola che, similmente alla parola “ieri” nei confronti del concetto “il giorno scorso”, racchiuda il concetto di “il mese scorso” nel corpo di un unica parola. Non è la stessa cosa dire “sto qui da un mese”, “sono arrivato un mese fa” e “quello che avrei in mente di dire ma non posso perché mi manca la parola adatta”.

La parola “ieri” condensa il passare delle scorse (circa) 24 ore in una sola parola, dando a quelle 24 ore una puntualità temporale, e minimizzando quella che ne è stata la sua durata. Nella percezione del tempo che quella parola fornisce, si comunica che l’arco di tempo in questione non è così rilevante per il suo essere stato passante (durata), ma per il suo essere già stato passato, vale a dire per la sua collocazione in un arco di tempo più esteso, rispetto al quale solamente quel punto assume un significato. Io ho l’impressione che la stanza della stanza (il cosiddetto mondo) stia cambiando i suoi parametri temporali nel senso che il mese dovrebbe poter essere espresso, anche nella sua forma trapassata, come unità puntuale.

Poniamo l’esistenza di una parola tipo “mesieri”. Allora potrei dire “sono arrivato giusto mesieri,  adesso posso mettermi disfare i bagagli”. Talmente tante sono le cose da “sbrigare”, che il piano temporale che ognuno di noi elabora nella propria gestione della vita diventa sempre più concentrato. Si tende a mettere in relazione stringhe temporali sempre più complesse;  questo rende poco pratico suddividere il calendario in giornate, tanto quanto sarebbe poco pratico misurare la distanza Vienna-Berlino in piedi, o misurarsi il pene in frazioni di anni-luce.

Dubito che un domani, a cospetto di questi mutamenti, moriremo ad etá stimabili in secoli anziché in anni. Potremmo comunque riservarci il diritto alla precisione, e calcolare le nostre vite in mesi. Una cosa è dire: “Hitler si tolse la vita all’età di 56 anni”. Altro si lascia intendere con “Hitler si suicidò nell’aprile del 1945, pochi giorni dopo il suo 672mo comlimese”!

io ora - Kopie (2)
Foto – Emanuele Sbardella: “Le dieci in punto, ovvero 21:58:48,3 periodico”

3 pensieri riguardo “Le cose che cadono – Part 1: “Mesieri”

  1. …Con l’augurio che il tempo riesca ad immaginare la nuova stanza adattandola perfettamente alla tua presenza.
    … E se così non fosse… che la Stanza si perda nella stanza della stanza della stanza per diventare finalmente lo spazio giusto in grado di accogliere le tue esigenze.
    Spero che Vienna ti regali gradevoli giorni e stimolanti pensieri… almeno quanto risultano esserlo per me i tuoi scritti.
    Un saluto Emanuele, grazie.
    Noemi Longo

    1. Grazie a te, Noemi.

      Come al solito nelle tue risposte si cela molto piú che una replica, ed in questo particolare caso mi hai aiutato non poco a capire quello che volevo scrivere.

      A scuola mi dicevano sempre che andavo troppo fuori tema. In quarta elementare, questo motivo, scopersi l’esistenza di Pindaro. Ora peró capisco che l’andare fuori tema è praticamente impossibile, in quanto alla fine è proprio quando si dà l´impressione di andare fuori tema che si dicono cose che si avvicinano al senso di quello che si voleva dire, o, meglio, alla motivazione che ci spingeva a scriverlo.

      Mi sono fatto un blog forse proprio per arrogarmi il diritto di andare fuori tema.

      Buone cose e grazie ancora.

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